Forte ancora è il ricordo di quel miscuglio di odori: delle reti di pescatori, della pittura dei legni di cui i lastroni in pietra della discesa a mare erano intrisi, odore di storie, della pazienza di chi in mare ci è nato e dal mare ha imparato.
Camminando per gli
antichi borghi della Liguria, o scovando qualche spiaggetta fra gli
aranceti e le limonaie della costiera Amalfitana, rimanevo sempre affascinata dai colori brillanti di queste piccole barche e dai nomi accuratamente dipinti sulle prue:
ogni nome sembrava scelto guardando le stelle del cielo, come ad affidare ad esso la buona sorte di un mare cortese e propizio.
Se vi capitasse di passare ancora oggi in uno di questi borghi durante una
festa patronale, vi trovereste davanti ad un tripudio di tante luci colorate
con cui i gozzi vengono addobbati prima di unirsi in
processione in mare portando in festa la statua della chiesa del paese.
Ogni gozzo aveva dimensioni e proporzioni diverse a secondo dell’uso, e veniva realizzato da maestri d’ascia che costruivano ad occhio, con la misura dei “palmi genovesi”, tramandandosi i segreti di padre in figlio.
Un gozzo lo riconosci fin da lontano: la sua inconfondibile forma panciuta, la sua prua e poppa praticamente uguali, se non svettasse, a prua, con un suo certo orgoglio, la Pernaccia, il tipico prolungamento in legno, spesso utilizzato dai pescatori per l’ormeggio.
Ed oggi, dal fascino di quelle storie e tradizioni, porto sul Ceresio anche la mia storia, la storia di un gozzo voluto da mio padre che mi ha trasmesso l’amore e il rispetto per l’acqua, un nome - quello della mia famiglia - dipinto con cura sul legno e una passione per la cucina che ricorda i profumi delle coste mediterranee.
Blume ed io vi aspettiamo a bordo!
Giovanna Fiore
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